psoriasi del cuoio capelluto

Psoriasi del cuoio capelluto. La psoriasi si localizza prevalentemente alla nuca, ma può estendersi anche all’intero cuoio capelluto

La psoriasi, forme e rimedi

Causata da una predisposizione genetica in combinazione con stili di vita inadeguati, infezioni, assunzione di alcuni farmaci e stress, la psoriasi è una malattia della pelle che può assumere svariate forme. Anche il  ventaglio delle terapie è assai ampio, ma molte di quelle sistemiche sono controindicate per le donne in gravidanza, poiché possono provocare danni al feto. Alcuni di questi farmaci vanno evitati, per un periodo più o meno lungo, persino nella fase che precede il concepimento. Sono quindi da privilegiare le cure locali, con l’applicazione sulle lesioni psoriasiche di creme ed unguenti opportunamente scelti fra alcuni cortisonici.

Articolo della Dr.ssa Floria Bertolini, pubblicato sulla rivista “Educazione alla salute” n. 4, settembre-dicembre 2009

psoriasi volgare in chiazze

Ampia chiazza di psoriasi volgare ad un braccio. Presenza in superficie delle tipiche squame argentee.

La psoriasi è una malattia infammatoria cronica della pelle, caratterizzata, nelle forme classiche, da chiazze arrossate ricoperte da squame argentee. Ne è affetto circa il 2% della popolazione, e sono ugualmente colpiti uomini e donne. L’incidenza della patologia è comunque variabile a seconda delle aree geografiche, collocandosi tra il 5-10% in Russia e Norvegia, il 2-3% nell’Europa Occidentale e lo 0-0,3% nell’Africa Occidentale.

Manifestazioni molteplici

Le lesioni psoriasiche sono localizzate, nella maggior parte dei casi, sul cuoio capelluto, prevalentemente alla nuca, sulle superfici estensorie degli arti, intorno all’ombelico e sui glutei. Nelle forme più rare e gravi la psoriasi può estendersi a tutto il corpo. Esistono varianti meno frequenti che interessano le superfici flessorie, anziché quelle estensorie, vale a dire che si insediano in seno alle pieghe inguinali, alle ascelle e alla piega mammaria. Questa varietà di psoriasi inizialmente simula una dermatite causata da sviluppo di lieviti o di batteri (intertrigine) e, a volte, le due condizioni possono coesistere.

Altre forme possono coinvolgere le palme delle mani e le piante dei piedi, ma esistono anche varianti rare e gravi nelle quali si ha una diffusione generalizzata di pustole (psoriasi pustolosa generalizzata di von Zumbusch) e di eritrosi o desquamazione (psoriasi eritrodermica).

Una forma particolarmente invalidante è la psoriasi che colpisce le articolazioni, chiamata artropatia psoriasica. Questo tipo di psoriasi porta all’anchilosi dell’articolazione, ossia la blocca nel suo movimento. Tale varietà può essere associata alle manifestazioni cutanee, oppure interessare esclusivamente le articolazioni: quest’ultima va in diagnosi differenziale con l’artrite reumatoide.

psoriasi guttata

Una piccola chiazza di psoriasi guttata, varietà di frequente osservazione in corso di infezione streptococcica.

Studi epidemiologici indicano che l’età di massima insorgenza della malattia è tra 5 e 40 anni, con un picco tra 10 e 30 anni. Nel 14-17% dei casi la psoriasi si manifesta in età pediatrica, in concomitanza con  un’infezione streptococca: clinicamente si presenta come una forma di psoriasi diffusa, in piccole chiazze rotondeggianti di pochi millimetri di diametro, e per questo motivo e chiamata psoriasi guttata.

Un’epidermide alterata

In una persona sana, il tempo di rinnovamento (turnover) dei cheratinociti, cioè delle cellule che costituiscono lo strato più superficiale della pelle, chiamato strato corneo, è di 28 giomi, mentre negli individui colpiti da psoriasi il turnover è di soli 4 giorni. Inoltre, i cheratinociti, attraverso un complesso circolo vizioso di reazioni chimiche, diventano bersagli della risposta immunologica attivata dai linfociti T, cellule fondamentali nelle risposte immunitarie verso virus, batteri, cellule tumorali e corpi estranei. Nella cute normale, dallo strato epidermico più profondo, detto strato basale, le cellule migrano verso la superficie, appiattendosi sempre di più e perdendo il nucleo: diventano così cheratinociti. Invece nella psoriasi, a seguito dell’anomala risposta immunitaria cui si è accennato, le cellule dello strato comeo sono nucleate e scompare lo strato granuloso sottostante, conferendo alla pelle psoriasica l’aspetto tipico, caratterizzato da squame biancastre. Inoltre, fra le cellule epidermiche si trovano cellule provenienti dal derma, che è lo strato della pelle situato al di sotto di quello più superficiale, detto epidermide.

Questa situazione si evidenzia solo mediante lo studio istologico di una lesione cutanea, che si ottiene effettuando una biopsia. Nei casi in cui tali cellule risultino particolarmente numerose, il fenomeno si rende clinicamente manifesto, perché in questa circostanza le manifestazioni di psoriasi, anziché essere caratterizzate da squame, sono rappresentate

onicopatia psoriasica

La onicodistrofia psoriasica va in diagnosi differenziale con la onicomicosi e spesso accompagna l’artrite psoriasica

dalle pustole che, come si è già detto, possono estendersi addirittura a tutto il corpo.

Genetica e stili di vita

La causa della psoriasi non è ancora nota, ma si propende per la presenza di più fattori che favoriscono la comparsa delle manifestazioni patologiche. È però ormai certo che la tendenza a sviluppare questa patologia sia legata principalmente a una predisposizione genica: infatti un terzo dei casi di psoriasi si evidenzia in soggetti che hanno parenti affetti dalla stessa condizione. In particolare, i geni candidati allo sviluppo della psoriasi sono localizzati sui cromosomi l, 3, 4 e 6.

Affinché la psoriasi si esprima, pero, è necessario l’intervento di altri fattori scatenanti, di solito di tipo antigenico e ambientale. I fattori ambientali sono riconducibili a stili di vita non sani, come l’abuso di alcol, il tabagismo, un consumo limitato di frutta e verdura, l’obesità. Inoltre, un ruolo rilevante è rivestito dalle infezioni: il 30% delle psoriasi infantili, infatti, insorge in seguito a infezioni streptococciche.

Un altro comportamento che può concorrere a provocare la malattia è l’assunzione di farmaci come i FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei), gli antipiretici, i betabloccanti (usati nell’ipertensione), i sali di litio, gli antimalarici, l’interferone sistemico. Infine, vanno menzionati gli stress psicologici, che potrebbero indurre un aumento della secrezione di neuromediatori: si tratta di sostanze chimiche liberate dal sistema nervoso, in grado di determinare risposte nervose e ricadute sulle ghiandole produttrici di ormoni. Inoltre, lo stress incrementa gli ormoni surrenali, che agirebbero sui recettori dei cheratinociti svelando la malattia con la comparsa delle lesioni. La persona affetta da psoriasi, poi, sviluppa un atteggiamento globale negativo, e si forma un circolo vizioso, con ripercussioni psicologiche e sociali invalidanti.

Un ampio ventaglio di cure

Le lesioni psoriasiche possono essere di piccole dimensioni e poco numerose, fino a interessare tutto il corpo, per cui generalmente la psoriasi si classifica come lieve, moderata o grave. Per misurarne la gravità sono state sviluppate diverse scale che prendono in considerazione, in combinazione variabile da scala a scala, vari parametri: la proporzione di superficie corporea coinvolta dalla patologia, il grado di arrossamento, lo spessore e la desquamazione delle placche, la risposta alle precedenti terapie, l’impatto della malattia sul paziente, le ricadute sociali del problema (le lesioni in alcune parti del corpo, come le mani, sono peggiori di altre localizzate in sedi meno esposte alla vista altrui).

Le scale sono utili per cercare di standardizzare, e nello stesso tempo di personalizzare, tenendo presente l’età e il sesso della persona, il trattamento in base alla gravità della psoriasi, che nello stesso individuo può variare nel corso della vita e in relazione ad eventi ambientali e relazionali.

Venendo al capitolo delle cure, l’elioterapia, che sfrutta l’effetto terapeutico delle radiazioni ultraviolette B (UVB), è sempre consigliata, ponendo adeguata attenzione soprattutto a chi ha carnagione chiara. Nel nostro Paese, però, ha lo svantaggio dell’impraticabilità nei periodi invernali. Nelle forme più severe ed ostinate di psoriasi viene utilizzata, sotto controllo medico, la fototerapia con raggi UVB. A volte si ricorre alla fotochemioterapia, in cui dei farmaci psoralenici, attivi sul sistema immunitario, vengono sormninistrati in associazione a raggi ultravioletti A (PUVA terapia).

Questo trattamento va eseguito in strutture specialistiche, ed è riservato a forme medio/gravi di psoriasi. A parte l’elioterapia durante l’estate, la terapia di prima scelta per le forme meno severe è a base di preparazioni farmaceutiche, industriali o galeniche, per uso locale.
Le preparazioni cheratolitiche, che hanno lo scopo di rimuovere le squame, ove presenti, senza creare traumatismo, predispongono la cute all’applicazione delle creme e degli unguenti che avranno l’effetto di permettere la regressione delle lesioni psoriasiche. A tale scopo vengono impiegate principalmente creme cortisoniche, oppure i derivati della vitamina D, accompagnati da creme idratanti.
Nei casi in cui la fototerapia o la fotochemioterapia non abbiano dato risultati terapeutici soddisfacenti, oppure vi siano controindicazioni per il paziente, vi sono altre possibilità terapeutiche, riservate comunque alle forme più impegnative di psoriasi: si tratta dell’impiego di acitretina (molecola che deriva dalla vitamina A), ciclosporina A, metotrexate e farmaci biologici, da prescrivere dopo attenta valutazione specialistica e in rapporto al sesso, all’eta e alle patologie concomitanti.

Cosa fare in gravidanza

E siamo alle indicazioni relative alle donne colpite da psoriasi che hanno in corso una gravidanza. Di solito la patologia psoriasica subisce un miglioramento spontaneo durante la gestazione e nei tre mesi successivi al parto, con recidive frequenti dopo il primo trimestre post partum. In caso di lesioni presenti nei nove mesi dell’attesa è opportuno ricordare che la maggior parte delle terapie sistemiche, vale a dire quelle che coinvolgono tutto l’organismo, presentano il rischio più o meno elevato di provocare malformazioni congenite (teratogenicità).

Tra i farmaci ad impiego sistemico è importante ricordare la già citata acitretina (composto chimico derivato dalla vitamina A), che non soltanto deve essere evitata quando una donna aspetta un bambino, ma che addirittura deve essere stata sospesa da almeno due anni prima di iniziare una gravidanza, a causa della sua marcata teratogenicità. Il metotrexate, altro farmaco ad uso sistemico, è sconsigliato, in quanto è associato ad un aumento del rischio di aborto e di anomalie dello scheletro del nascituro. È importante ricordare che sia le donne che gli uomini devono evitare il concepimento per almeno tre mesi dopo l’assunzione di metotrexate: infatti questo farmaco può compromettere la formazione degli spermatozoi, causando anomalie cromosomiche. I nuovi farmaci appartenenti al gruppo di quelli denominati biologici, quali l’etanercept o l’infliximab, potenti immunosoppressori, non vengono consigliati nel corso della gestazione e dell’allattamento: ciò non per una comprovata teratogenicità, bensì perche al momento non esistono certezze circa l’assenza di effetti dannosi sul feto o sul neonato. Viceversa, la terapia con Ciclosporina A, anch’essa sistemica, è compatibile con l’attesa di un bambino.

Durante la gravidanza vanno quindi, in via generale, privilegiate le terapie locali, così da ridurre le concentrazioni di farmaci trasferibili dalla madre al feto, ricordando comunque che anche alcuni prodotti per uso topico sono meno indicati di altri: è il caso dei derivati della vitamina D, che interferiscono con il calcio e per questo sono potenzialmente teratogeni. Anche fra gli steroidi alcuni sono più consigliati di altri: il prednisone o il prednisolone, essendo già naturalmente presenti, sono più indicati di altri steroidi nel periodo della gravidanza.

Le stesse indicazioni valgono per la fase dell’allattamento, con l’avvertenza di applicare i farmaci subito dopo la poppata, allo scopo di ridurre, per quanto possibile, l’assorbimento da parte del neonato. Se con i trattamenti locali non si riesce a controllare la malattia, la futura mamma può ricorrere, con sicurezza per il bambino che sta aspettando, all’utilizzo della fototerapia che, ricordiamo, consiste nell’esposizione a raggi ultravioletti B. La terapia PUVA è invece controindicata per le gestanti, mentre non sono stati riscontrati danni nei feti di donne che erano in trattamento con PUVA al momento del concepimento.

Quando colpisce il bambino

In età pediatrica la maggior parte delle cure incontra una ridotta collaborazione da parte del soggetto, ed è indispensabile la presenza del genitore. Inoltre, va attentamente valutato il rapporto rischio/beneficio della terapia: nel caso in cui le lesioni non siano cosmeticamente fastidiose va ponderato se sia necessario trattarle, in considerazione dei rischi a breve (intossicazioni) e a lungo termine (sensibilizzazioni, cancerogenesi) dell’intervento terapeutico. Spesso lo specialista impegnato a curare la psoriasi infantile deve valutare quanto il problema sia del genitore piuttosto che del bambino, e quanto l’atteggiamento del padre e della madre possa influire sulle difficoltà psicologiche che la malattia può creare nel piccolo. Per tutti questi motivi gli esperti di dermatologia pediatrica consigliano, in linea di massima, di non trattare lesioni psoriasiche localizzate in zone coperte. Questa condotta terapeutica consente di minimizzare la quantità di prodotto per uso locale e la spiacevole sensazione di essere medicato con sostanze unte, che macchiano e a volte hanno un odore poco gradevole. È buona norma che il trattamento sia quanto più possibile semplice, in considerazione della cronicità della malattia. Senza dimenticare che l’educazione è un aspetto cruciale della cura nel suo complesso.

 

La Dr.ssa Floria Bertolini svolge attività di dermatologo a Padova, Piove di Sacco, Vicenza  e Rovigo.