Articolo della Dott.ssa Floria Bertolini, pubblicato su: Notizie ASM – Educazione alla Salute Anno 12 – n. 3 – Luglio – Settembre 2006 Titolo originale: Sole e creme protettive

La dr.ssa Floria Bertolini svolge attività di dermatologo a Padova, Piove di Sacco, Vicenza e Rovigo.

L’esposizione al sole ha molti effetti positivi, ma non bisogna mai dimenticare che i raggi ultravioletti sono responsabili dell’invecchiamento della pelle e dell’insorgere dei tumori cutanei, cioè i carcinomi e i melanomì. Occorre quindi sempre prendere delle precauzioni e adottare adeguate misure di difesa, soprattutto per i bambini, applicando con i dovuti criteri creme ad alto fattore di protezione. I filtri chimici che sono presenti in questi prodotti possono però provocare reazioni allergiche, spesso scatenate proprio dagli ultravioletti, e comportano un certo rischio dì assorbimento sistemico da parte dell’organismo. Le donne in gravidanza, quelle che allattano e i bambini dovrebbero pertanto fare uso esclusivamente di creme solari a base di schermi fisici, anche se risultano esteticamente più penalizzanti. E’ in ogni caso opportuno leggere attentamente le etichette delle creme per verificare la concentrazione dei loro singoli componenti, che vi sono elencati in ordine decrescente di importanza.

È estate, le ore di luce superano largamente le ore notturne, il sole splende alto nel ciclo ed è tempo di mare, di vita all’aria aperta, di vita sana. Questa condizione positiva nasconde però un risvolto problematico: le persone a fototipo chiaro, in particolare i bambini, sono soggette a rischi di ustioni alle prime esposizioni. Inoltre, non vanno dimenticati i danni a lungo termine determinati da ustioni ripetute, soprattutto se si sono verificate in giovane età: questi eventi sono infatti la causa di un’aumentata melanogenesi, vale a dire provocano la comparsa di un numero più elevato di nevi e accrescono il pericolo di melanoma in età adulta.

Radiazioni dannose

Le radiazioni solari che raggiungono la superficie terrestre sono radiazioni con frequenza dai 290 ai 5.000 nanometri (nm.) Le radiazioni più corte, cioè raggi cosmici, raggi gamma, raggi X e radiazioni ultraviolette C (UVC), incompatibili con la nostra sopravvivenza, non arrivano fino alla superficie terrestre. La radiazioni più corte che giungono sulla terra sono le radiazioni ultraviolette B e A (UVB e UVA), responsabili dell’invecchiamento cutaneo dovuto alla luce (ossia fotoindotto) e artefici dei tumori della pelle, carcinomi e melanomi. I carcinomi cutanei sono neoplasie che insorgono dalle cellule della pelle con funzioni di rivestimento e prive della capacità di produrre la melanina, ossia il pigmento artefice dell’abbronzatura. Sono tumori caratterizzati da malignità in prevalenza locale e da possibilità di recidivare, ma, nella maggioranza dei casi, non sono in grado di diffondersi a distanza in altri organi, cioè di dare metastasi. I melanomi cutanei sono invece neoplasie maligne che hanno origine dalle cellule della pelle produttrici di melanina. Questi tumori, seppure di piccole dimensioni, possono essere molto maligni, ma la diagnosi precoce permette anche per questa patologia una lunga sopravvivenza. In considerazione di queste insidie è comunque necessario orientarci su una corretta protezione a fini preventivi.

I ricercatori concordano sul fatto che i carcinomi cutanei siano il risultato del danno diretto al DNA nucleare da parte degli UVA (radiazioni con frequenza dai 290 ai 320 nm.). Il danno al DNA, contenente tutte le informazioni genetiche della singola cellula, è alla base di mutazioni cellulari e, nello specifico, di alterazioni cancerose. I dati epide-miologici correlano invece l’insorgenza del melanoma cutaneo agli UVA (radiazioni dai 320 ai 400 nm.), che inducono la formazione di radicali liberi, capaci di danneggiare non solo il DNA, ma anche quei sistemi enzimatici che generalmente servono alla rimozione delle alterazioni genetiche causate dal fotodanno. Di conseguenza, gli UVA sono responsabili di un precoce fotoinvecchiamento e, inoltre, di immunodepressione.

Benefici e cautele

Va ribadito che l’abitudine di esporsi al sole, con le dovute precauzioni, deve essere giudicata positivamente, visto che comunque la luce solare è fonte di vita, ha un effetto antidepressivo, ed è fondamentale per il buon andamento di processi biochimici, come quello che genera la produzione di vitamina D, tanto importante per una buona ossificazione. E quelli citati sono soltanto i più noti effetti positivi dell’esposizione al sole. E’ però della massima importanza ricordare alcune semplici regole, che ci consentiranno di affrontare i raggi solari rischiando il meno possibile: bere spesso per compensare le perdite d’acqua avvenute con la sudorazione; assumere frutta e verdure per favorire gli effetti antiossidanti, cioè quei processi che servono a ripulire le cellule dalle alterazioni del DNA; non esporre al sole in modo diretto i bimbi al di sotto dei tre anni; dopo i tre anni, evitare di esporre i bambini tra le 11.00 e le 15.00 (vale a dire tra le 12.00 e le 16.00 con l’ora legale) e far sì che l’approccio sia graduale e i piccoli adeguatamente protetti. A tale scopo è importante ricordare che il vestiario chiaro e leggero preserva parzialmente dai raggi UV, e ripara ancor meno se gli indumenti sono bagnati. Infatti il colore, l’intensità della trama, il materiale di un tessuto permettono ai raggi solari di penetrare in modo differente.

Creme solari da usare bene

Le creme fotoprotettive sono uno degli strumenti più efficaci per difendersi dagli effetti nocivi del sole. Un bambino chiaro di pelle deve essere tutelato da un prodotto con fattore di protezione (Sun Protector Factor, in sigla SPF) superiore a 25 e resistente all’acqua. La crema deve essere applicata mezz’ora prima di affrontare i raggi solari e poi ogni due ore, ripetendo comunque l’applicazione ogniqualvolta il piccolo esce dall’acqua anche se si utilizza un prodotto water proof, ossia resistente all’acqua. Ma come scegliere il preparato adeguato? A tale proposito, è bene sapere che gli schermi di protezione solare si suddividono in due grandi categorie: quelli di tipo fisico e quelli chimici. Spesso i prodotti a protezione più elevata contengono più filtri, e dalla loro scelta e miscelazione dipende l’efficacia protettiva della formulazione adottata.
Gli schermi fisici sono costituiti da polveri inorganiche: le più utilizzate sono l’Ossido di Zinco e il Biossido di Titanio, che sono cosmetologicamente poco apprezzate in quanto difficili da spalmare e visibili sulla pelle. Hanno comunque il grande pregio di essere biologicamente e chimicamente inerti e quindi prive di tossicità. Nei preparati più recenti queste polveri vengono micronizzate, rendendo il prodotto più gradevole dal punto di vista estetico: è però necessario ricordare che questo processo ne riduce anche la fotoprotezione, per cui spesso vengono mescolate con filtri chimici.

Il pericolo allergico

I filtri chimici sono costituiti da molecole organiche che risultano esteticamente gradevoli, perché non sono visibili una volta spalmate sull’epidermide. Possono però determinare reazioni di irritazione, sensibilizzazione, fototossicità e fotoallergia. La reazione irritativa più frequentemente rilevata è una sensazione soggettiva di fastidio caratterizzata da prurito o da dolore puntorio, senza segno di arrossamento. Generalmente la si avverte in sede perioculare, ossia intorno agli occhi. Va detto che le reazioni allergiche alle creme solari sono rare, anche se in aumento: questo incremento è dovuto alle più frequenti occasioni di contatto con i componenti chimici in esse contenuti, per la presenza di filtri anche in altri cosmetici.
I primi filtri chimici impiegati per salvaguardare la pelle dalle radiazioni solari sono stati il PABA e i suoi esteri (octil-dimetil-PABA e pentil-dimetil-PABA). Il frequente riscontro di reazioni fotoallergiche (cioè di allergie mediate dall’esposizione ai raggi UVA) ha indotto le aziende produttrici dei fotoprotettori alla sostituzione di questi filtri. I Benzofenoni, il Dibenzoilmetano e il Metossicinnamato hanno così sostituito i PABA. Tuttavia, i Benzofenoni e il Dibenzoilmetano hanno successivamente evidenziato, con il loro ampio impiego, reazioni fotoallergiche da contatto. Di recentissima introduzione sono il Tinosorb M e il Tinosorb S, per i quali non sono state segnalate ad oggi delle reazioni avverse.

Le dermatiti allergiche o fotoallergiche da contatto si possono verificare contemporaneamente nella stessa persona: infatti, gli individui con patologie caratterizzate da eczema hanno una significativa predisposizione allo sviluppo di ulteriori fenomeni di sensibilizzazione, a seguito dell’alterata integrità della loro barriera cutanea. Queste affezioni possono essere causate, oltre che dai filtri chimici elaborati per difenderci nei confronti del sole, anche da essenze e conservanti impiegati nelle loro formulazioni.

Un’etichetta da leggere

I filtri solari sono presenti nei prodotti utilizzati per schermare la pelle in concentrazioni che possono raggiungere anche il 10%, e vengono spesso applicati sull’intera superficie corporea. La maggior parte dei filtri chimici sono costituiti da molecole lipofile, cioè che si veicolano bene con i grassi. Poiché la cute è ricoperta di un film idrolipidico e le membrane cellulari sono idrolipidiche, ci si può attendere che queste sostanze possano essere assorbite a livello sistemico. Per esempio, il Benzofenone-3, che è uno dei filtri più impiegati per la sua stabilità, e il suo metabolita 2,4-diidrossi-benzofenone, sono stati rinvenuti nelle urine umane quattro ore dopo l’applicazione di una crema fotoprotettrice che li conteneva. Tracce di Benzofenone-3 sono state trovate anche nel latte umano dopo l’uso di un preparato protettivo solare con questo filtro. Alcuni schermi chimici, inoltre, hanno mostrato una modesta attività estrogenica o antiandrogena in vitro. Pertanto, ai bambini e alle donne in gravidanza, oppure a quelle che allattano, sono consigliabili filtri fisici. Tuttavia, visto che usualmente è difficile trovare creme composte di soli filtri fisici, è utile che i filtri chimici siano in quantità molto basse.

Per comprendere quali filtri, fisici o chimici, siano prevalenti in un prodotto solare, bisogna ricordare che sull’etichetta gli eccipienti vengono indicati in ordine decrescente per concentrazione: perciò, se per esempio troviamo il Tinosorb fra le ultime sostanze, ciò significa che questo filtro è tra i meno concentrati in quella formulazione. Va anche sottolineato che l’assorbimento è proporzionale alla superficie spalmata e al numero di applicazioni: per ridurre la quantità di un preparato solare utilizzata, quindi, si può sempre ricorrere alla vecchia regola dell’esposizione graduale al sole. Le conoscenze scientifiche attuali, però, ci indicano che è più pericolosa una scottatura solare rispetto ai rischi provocati dai prodotti protettivi che vengono assorbiti dal nostro organismo, nonostante siano abbastanza recenti, in letteratura, le segnalazioni relative alle insidie che abbiamo indicato.